PROGRAMMA

Come parte della mostra  Fabio Mauri 8 film documentari saranno proiettati con le registrazioni dei suoi spettacoli più importanti e un'intervista con l'artista.

 

Che cosa è il fascismo (1971)
Durata: 8 '27' '
La performance storica Che cosa è il fascismo è presentata il 2 aprile 1971 negli Studi Cinematografici Safa Palatino in Roma. L’evento si svolge con la partecipazione degli allievi dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, a conclusione del seminario “Gesto e comportamento nell’arte oggi” curato da Giorgio Pressburger. Lo spunto è il ricordo della visita di Hitler a Firenze nel 1938, in occasione della quale la squadra di Bologna di cui fa parte Fabio Mauri con l’amico Pier Paolo Pasolini, Fabio Luca Cavazza e altri, vince la competizione intellettuale giovanile. L’azione consiste nella ricostruzione dei ‘Ludi Juveniles’. Si susseguono saggi ginnici, incontri di scherma, esibizioni di pattinaggio, sbandieramenti, inni e dibattiti individuali sulla Mistica di Regime. Nella performance, l’intera azione si svolge su di un tappeto rettangolare con il simbolo della svastica posto al centro del tappeto rosso, tra tribune nere suddivise per ‘Corporazioni’(Artisti, Agrari, Edili, Ingegneri, …), dove viene fatto sistemare un pubblico affine. Due piccole tribune recano la Stella di Davide, a significare una discriminazione razziale del tempo fascista, presentata in Italia come innocua e abituale. Gli inviti alla mostra, di vari colori, a seconda della categoria sociale, sono riservati anche a donne e uomini ebrei, discriminati per l’accesso alle piccole tribune. Le musiche del repertorio classico fascista precedono e accompagnano lo svolgimento, anche immaginario, semplicemente evocato dal Podio di Comando, da cui viene registicamente diretta, la grande adunata della Gioventù Italiana del Littorio. 
Alla fine delle competizioni, su uno schermo d’epoca vengono proiettati  i “Film Luce”, cinegiornali di notizie, pervasi dall’evidente falsità della propaganda. 
In Che cosa è il fascismo il contrasto tra l’apparente normalità degli eventi e la presenza di segnali negativi genera un senso di inquietudine progressiva e di evidenza dell’improntitudine mortale della Bugia di Stato, così come dell’ottimismo infondato di un popolo, anzi di due. (Dora Aceto)

 

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Ebrea, 1971
Durata
: 5’
Parallelamente a Che cosa è il fascismo Mauri prepara una performance completamente diversa.Ebrea è ambientata all’interno di una inquietante installazione e viene presentata per la prima volta nel ’71 a Venezia alla galleria Barozzi (poi ripetuta in varie occasioni, anche se non sempre sono presenti tutti gli elementi). Una figura femminile abita un piccolo spazio organizzato come il museo di un campo di concentramento fatto di oggetti-sculture che “simulano una provenienza umana” (Maria D’Alesio). Qui la performance si combina con l’installazione che Maurizio Calvesi definisce “un inventario di silenzi o di tragici ultrasuoni”. Uno degli aspetti più interessanti dell’opera è che costituisce anche un’agghiacciante pratica di corrosiva analisi critica del design: “Intralcio di sfuggita la sicurezza laica del ‘design’ contemporaneo così fiducioso nel progresso” (Mauri nel testo che accompagna la mostra). Al centro dello spazio si accampa un Cavallo di S.S.bardato con Finimenti in pelle ebrea circondato da altri oggetti: Carrozzina ebrea eseguita con la famiglia Modigliani 1940Veri pattini di Anna Cittterich di Varsavia, eseguiti con lei stessaPelli da sci eseguite con Oswald e Mirta Rohn catturati a Davos-Brzezinka - Ospedale Maggiore;Pennelli di capelli, colori organici e pergamena ebrea – Oswirgin. Birkenau 1940SaponiVera cera ebreaSedia in pelle ebrea - Norimberga 1941Samuel Morpurgo, primo ospite nel campo di Treblinka, nella sua stessa cornice, eseguito da Attila Rengstorf – Treblinka 1943Ippolito MarchRacchetta neraPriscilla-guantoValigia ebreaGioiello-LaibackFamiglia ebrea. Di fronte a un Armadietto con specchio, forbici e una macchina per tagliare i capelliHaarschneidemaschine, sta la ragazza, nuda, che si taglia ciocche di capelli e con esse compone sullo specchio il segno della stella di Davide, marchiata anche sul suo petto insieme al numero che nei lager nazisti sostituiva il nome e con esso ogni identità. La stella di Davide appare anche amplificata per tre volte sulle pareti intorno a una frase in ebraico di Geremia: “Un grido si è udito in Roma, di grande pianto e lamento. E’ Rachele che piange i suoi figli, e non vuole essere consolata, perché essi non ci sono più”. E’ la banalità del male messa in scena attraverso un macabro campionario di oggetti. Tra questi la valigia allude a un’identità più instabile, in pericolo, messa a rischio. Il muro di valigie presentato alla Biennale di Venezia nel ’93 (nell’ambito di una riproposta di Ebrea) riprende il tema delle drammatiche divisioni del mondo del Muro d’Europa. L’installazione è chiaramente legata alla tragica storia ebraica come indicano non solo il titolo,Muro Occidentale o del Pianto, e l’indizio dell’immagine di Ebrea (foto di Elisabetta Catalano) dentro l’unico baule aperto, ma anche la biografia dell’artista, il dramma degli amici partiti e mai più tornati. Tuttavia l’opera diventa emblema universale di ogni migrazione, di ogni esilio, di ogni “dolore del mondo”. 
Se Ebrea, con la figura femminile sola tra oggetti muti, è una melanconica performance dellasolitudineChe cosa è il fascismo Gran Serata Futurista 1909-1930 sono performance dellamoltitudine dove l’accento è sull’aspetto pubblico e meno intimo, dove il timbro è la vitalità (reale nella seconda, apparente nella prima), dove non solo molti performer affollano la scena, ma molti collaborano. Una solitaria figura femminile è protagonista anche di Natura e cultura (Galleria 2000, Bologna 1973 poi ripresentata più volte con il titolo di Ideologia e natura). (Laura Cherubini, 2012)

 

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Il televisore che piange, 1973
Duración: 2’ 41’’ 
È una performance che viene proposta all’interno della trasmissione ‘Happening’, curata da Enrico Rossetti, per la Radio Televisione Italiana, II° Canale, dopo un’esemplificazione storica dei primi Happening americani di Allan Kaprow ed altri. 
Qui compaiono le immagini dell’autore di fronte a uno schermo con la scritta “The End”. Quindi la trasmissione si interrompe, come un guasto centrale, circa 60 secondi di vuoto. Sotto l’immagine bianca si sente un pianto addolorato. Torna sullo schermo la scritta “Il televisore che piange”. Quindi la telecamera inquadra la scritta “The End”.
Molti utenti telefonarono alla RAI a motivo del curioso e prolungato guasto: qualcuno piangeva nel vuoto dello schermo.
Il pianto nell’intenzione di Mauri, era politico, addolorato per le contraddizioni quotidiane della vita in Italia. (Dora Aceto)

 

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Ideologia e Natura, 1973
Durata: 6’ 11’’
È una performance realizzata alla Galleria Duemila di Bologna.
Una giovane ragazza in divisa fascista di “Piccola Italiana”, si spoglia e si riveste molte volte. Inizialmente, in piedi davanti ad un cubo bianco, compie quest’operazione di svestirsi – rivestirsi, in modo naturale; e proseguendo secondo un ritmo scandito da un metronomo, continua a farlo non seguendo più un ordine logico.
Le variazioni nel modo di vestirsi con gli stessi indumenti modificano il valore ideologico della divisa, spingendo lo spettatore alla riflessione sul perché si rivesta in modo così anomalo. A seconda delle invenzioni della performer e della casualità degli accostamenti, l’immagine cambia e somiglia al Ku Klux Klan, ad Arlecchino, a un personaggio da circo equestre.
Questo percorso verso la nudità simbolica evidenzia come l’unico dato di realtà sia l’idea di natura, idea che prevale su ogni abito imposto dalla cultura e dall’immaginazione ideologica del momento.(Dora Aceto)

 

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Intellettuale, 1975
Durata: 2’
La performance Intellettuale viene proposta in occasione dell’inaugurazione della nuova Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna nel 1975 con la partecipazione di Pier Paolo Pasolini, amico fraterno di Fabio Mauri.
L’azione si svolge sulle brevi scale esterne della Galleria. All’interno del Museo si svolge la mostra, indetta da Franco Solmi, sul Movimento Dada, che Mauri stima, ma di cui non ha mai fatto parte. Mauri preferisce esibire la sua performance all’esterno del Museo. Davanti al portone sistema Pasolini su un alto sedile. Il poeta è trasformato in uno “schermo umano”. Su di lui viene proiettato il suo film ‘Il Vangelo Secondo Matteo’. L’alto volume del sonoro, eccessivo rispetto alla dimensione ridotta dell’immagine, accresce lo smarrimento esercitato dall’azione sia sul pubblico che sullo stesso Pasolini. Un fotografo, Antonio Masotti, seduto per terra tra la gente, riesce a fotografare l’azione in 15 fotografie. Immagini che hanno fatto il giro del mondo.

La scelta di proiettare il film sull’autore vuole essere, da parte di Mauri, una sorta di responsabilizzazione obiettiva dell’autore del film, costretto a sperimentare su se stesso gli effetti della sua opera. Il pubblico era formato da amici dell’infanzia e adolescenza di Mauri e Pasolini, divenuti, come i due autori, professori, editori, saggisti adulti. Pasolini non né riconobbe nessuno, preoccupato dalle loro manifestazioni di amicizia. (Dora Aceto)

 

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Gran serata futurista, 1981
Durata: 9’ 49’’
Debutta al Teatro Comunale de L’Aquila con gli Allievi e i Docenti dell’Accademia di Belle Arti e la partecipazione straordinaria di Toti Scialoja, che recita Palazzeschi; Maurizio Calvesi, che, rivestito della propria maschera, interpreta la Storia Critica; la concertista vocale Joan Logue interpreta la Poesia Pentagrammata di Cangiullo, e la danzatrice Hilary Mostert balla sulle parole di un testo di Marinetti. Gli arrangiamenti musicali sono del maestro Antonello Neri che interpreta gli spartiti di Silvio Mix e di Luigi Russolo, l’aiuto regia è di Giancarlo Gentilucci. Lo spettacolo segue una struttura tripartita in modo da evidenziare i vari e molteplici linguaggi e le invenzioni futuriste dall’anteguerra (interventismo), in guerra 1915-18 (esperienza al fronte), fino al dopoguerra (delusione e dispersione dei futuristi). Consapevole delle innovazioni dell’avanguardia storica, Mauri compie una valutazione analitica del Futurismo, attuando una sorta di ricostruzione filologica originale sui testi del Teatro Parolibero e delle Poesie Parolibere, della Poesia Pentagrammata, e gli spartiti di Luigi Russolo e di Silvio Mix. Per la Cinematografia futurista , rara e quasi del tutto perduta, Mauri proietta un suo ritrovamento presso l’Istituto Luce di Roma, un nastro di pochi minuti, dove la firma è cancellata; probabilmente di Settimelli e Corra. Nella proiezione si vede l’animazione di un disegno astratto, sembra di Balla ma è molto simile a uno dei primi disegni di Corra. La banda, a volte in platea, altre sul palcoscenico, ha una funzione evocativa di avvenimenti cruciali: lo scoppio della guerra, il funerale futurista, la vittoria finale. I personaggi sono più di 50. Lo spettacolo dura 4 ore. (Dora Aceto)

 

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Che cos’è la filosofia. Heidegger e la questione tedesca. Concerto da Tavolo, 1989
Durata: 8’ 57’ 
È presentata nel 1989 a L’Aquila, Studio D’Arte Quarto di Santa Giusta. Si svolge sopra un grande tavolo quadrangolare. Ai bordi vengono serviti birra e crauti. Gli attori, con i toni di una discussione della società alto-borghese, recitano i versi di poesie tedesche. Ad un tratto si ode la registrazione in italiano, ma con accento tedesco, di un documento autentico, tratto dal Processo di Eichmann, inerente all’utilizzo economico di alcune parti di corpo ebreo (capelli, oro nei denti,…). Per Heidegger (interpretato quattro volte dal filosofo Giacomo Marramao), ballano ragazze sempre diverse. Cercano di coinvolgerlo. Vi riescono. La società insidia abitualmente la sapienza, di frequente vince. I tempi della performance sono segnati da frasi di musica dodecafonica che una violoncellista suona, immobilizzando la scena, attori e pubblico. Il contrasto è molto forte; la Germania genera una delle più alte tradizioni culturali e filosofiche ma, allo stesso tempo, crea disumani abissi di morte. Il connubio di canzoni folkloristiche tedesche e documenti radiofonici sulle torture naziste verso gli ebrei, scuote inevitabilmente la coscienza dei presenti, in parte già ‘storica’, a causa del tempo trascorso, che conoscono molti di quei dati come veri, spesso uditi, quasi sperimentati personalmente. E’ l’unica performance in cui Fabio Mauri compare. Incerto, come autore, di essersi spiegato. Nel finale sale sul tavolo e legge un breve testo sulla performance stessa, concludendo che “Il bene e il male parlano la stessa lingua”. Di qui la difficoltà di distinguerli, individuabili solo teleologicamente, secondo il loro fine. (Dora Aceto)

 

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Omaggio al Gutai, 1990
Durata: 11’ 10’’

È un’azione realizzata nel 1990 per l’ inaugurazione della mostra Giappone all’Avanguardia: il Gruppo Gutai negli anni cinquanta, nel salone centrale della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma.

Un iniziale concerto di piano, percussioni e motociclette fa da sfondo ad un mimo vestito di rosso che esegue la danza ‘Sanbaso Supermodern’ realizzata da Kazuo Shiraga nel 1957; segue la simulazione di  un incontro di kendo. Cultura occidentale e orientale si relazionano con particolare riferimento agli elementi futuristi contenuti in entrambe. Attraverso questo incontro-fusione il pubblico poteva partecipare attivamente a l’esecuzione del gruppo Gutai. (Dora Aceto)

 

Ricostruzione-della-memoria-a-percezione-spenta-AUD

Ricostruzione della memoria a percezione spenta, 2004
Durata: 11 ’
Da anni mi accorgo, dopo essermi meravigliato, del cinema. L’insieme del fenomeno come un rito efficace (in sé, e nelle sue componenti) incisivamente espressivo del rapporto tra mente e mondo. 
La macchina da ripresa, il proiettore, lo schermo. La pellicola che scorre di fronte a una luce, l’obiettivo, i ‘fuochi’, e prima ancora i procedimenti di impressione del 
fotogramma: scatto di luce, negativo, stampa, montaggio, etc. 
Si intuisce subito l’analogia che tali procedimenti costruiscono, fin troppo agevole e disposta all’uso. Un tentativo da scartare subito. Se l’affermazione non intendesse non essere del tutto analogica. Cito dalle righe di un testo con cui nel ’78 tentai di illustrare il fine teorico di una mia performance fondata sul cinema.
Scrivevo: “Nell’impatto tra immagine corpuscolare e bersaglio, il proiettore (che “vede”, però “impone” forme proprie di intelligenza) rappresenta visibilmente su corpi e oggetti, (che lo “interpretano”, plasticizzandolo), il segnale. Gli conferiscono nuovo uso di simbolo e nuova metafora”. Infatti “…ne conseguono eventi di contenuto diverso e successivo, (quello formale, ad esempio, dell’azione cui si assiste). Comprendere sperimentalmente il meccanismo del “trasporto, modifica, e nascita” del segno intellettuale, disteso come è sullo stesso vettore di un’azione fisica, (quella della luce) non più metaforica, è la funzione metaforicamente attiva di azioni (come queste)”. Esse consistono: “nell’ambito dell’arte, in un punto solo: lo stesso in cui avviene lo “scontro”, la “contrazione” e la “riedificazione” di senso…Il loro cambiamento di stato, ‘fisico’, formalmente temporale, (è) già storico, buon conduttore di giudizio: è la nascita al senso della ‘realtà’ e del ‘mondo’, costituenti, in arte, (una) finita e reale trascendenza, che è la sua oggettività”. 
Nel ’78 tentai di esemplare materialmente, attraverso una performance fondata sul cinema, la complessa parabola del pensiero. Una serie di proiettori dirige i suoi films su una pari serie di schermi. Oggetti-schermo: un corpo nudo di negra, una conca di latte, un ventilatore in moto, una bilancia etc. Schermi anomali dunque. Altrettanti veri oggetti del mondo. Si assiste alla dimostrazione fisica della nascita del significato. Il mondo è assunto come oggetto, o schermo proiettivo dotato, cioè deformante. Non è un semplice, o complesso, disegno dell’io; la proiezione subisce un attrito. Quanta fatica fa l’io per dissimulare di essere in due, tutto da solo! La scissione in oggetto che l’io compie, quale meccanica elementare di formazione del senso, subisce trasformazione d’arrivo, nell’ordine del significato, come fosse nell’ordine fisico delle cose. Il linguaggio è un sasso? Lo è il suo pensiero? Ma dove si trova: è la sua facoltà d’esserlo e basta? Nell’ordine della percezione sembra trovarsi a ridosso dell’autofedeltà proposizionale del senso. Nei suoi segmenti di trama.
È un contenuto. Senza contenuto, direi in altro modo, non c’è “vista”, né “udito”, non ha storia la percezione, o è, come lo spasmo di una lucertola tagliata, un in sé così meccanico ed effettuale, senza io, da svuotare il concetto stesso di percezione.

Visualizza il testo completo: www.fabiomauri.com 
(
http://www.fabiomauri.com/it/proiezioni/ricostruzione-della-memoria-a-percezione-spenta.html)